La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

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“Che tu sia benedetta per l’attimo di beatitudine  

che hai dato ad un altrui cuore solo, riconoscente.

Dio mio! Un intero attimo di beatitudine!

Ed è forse poco nell’intera vita di un uomo?”  

(Fedor Dostoevskij, “Le notti bianche”)

 

 

La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

Non si può parlare degli anziani senza partire dall’esperienza personale che ognuno di noi ha sperimentato durante la propria vita. Non ho conosciuto tutti i miei nonni, tre di loro mi sono stati raccontati attraverso episodi e aneddoti che hanno dato alla mia infanzia lo spessore e la sostanza della mia famiglia in tempi e luoghi per me immaginari che mi hanno aperto un mondo interiore ricco di storia. Ho conosciuto invece molto bene mia nonna materna e dico che con lei Dio ha voluto mettere una carezza nella mia vita e spero con queste poche righe di dimostrare che a me quella carezza è arrivata.

Come spesso mi ripete una mia cara amica genetista, la vita per quanto ne sappiamo non sgorga in mille modi, ma in un modo costante seguendo un codice genetico. Ora se la genetica può spiegare la somiglianza tra genitori e figli, se può definire le caratteristiche fisiche che permettono di riconoscere una persona come appartenente a una certa specie e di distinguerlo rispetto ad altri esemplari della stessa specie, bene questa scienza non può spiegare il legame che si costruisce con gli anziani della propria famiglia. I nonni sono l’evidenza che appartenere alla propria famiglia significa appartenere a qualcosa che viene prima di te e per questo spesso diventano essenziali nel sostegno ai membri della loro famiglia.

 

 

Gli anziani ci accompagnano nell’universo della memoria e nella profondità della vita autentica, ci fanno sentire utili, in grado di dare a chi ha tanto dato a noi. E mentre ci chiedono di non abbandonarli nella solitudine, ci danno compagnia e calore. Sempre.

Lascio a ogni singolo lettore il privilegio di fermarsi pochi istanti per focalizzare nella mente un tenero ricordo dei propri nonni, anticipando subito che contrariamente a quanto si manifesta nell’immaginario collettivo dove a volte un po’ ipocritamente si sostiene che gli anziani sono un prezioso patrimonio per le generazioni future, in questa  sede voglio schierarmi totalmente dalla parte di chi, dopo aver vissuto la propria vita  in funzione degli altri avanza il diritto di un riconoscimento del proprio io come modalità di relazione fondamentale.

Non farò alcuna considerazione quindi sull’ovvia intensità e l’utilità dello scambio culturale ed esperenziale che può intercorrere attraverso il rapporto con gli anziani beneficiando le nuove generazioni, ma prepotentemente sosterrò del dovere e del diritto che gli anziani hanno di trascorrere la loro fragile vita sentendosi al centro dell’attenzione sociale e non vivendo timidamente ai margini di un mondo che correndo tra nuove tecnologie e un linguaggio contraffatto li rende estranei al presente.

Diventando vecchi si riesce a sintetizzare la realtà dal punto di vista del tempo, a differenza dei giovani che vivendo nella lungimiranza delle proprie realizzazioni e mantenendo una giusta frenetica voglia di immediatezza percepiscono una realtà coniugata all’infinito; nell’anziano lo scorrere delle ore o dei giorni è strettamente connesso con il senso del limite. Per questo la posizione rispetto le circostanze di chi ha un lungo vissuto alle spalle è più pacata ma non priva di ansia. Nella vita di un anziano si vive il bisogno del “tutto e subito” anche se le energie che si impegnano sono molto ridotte. Umanamente non possiamo rinunciare alla vita, ecco perché dobbiamo garantire a ciascuno il diritto di viverla da protagonista a qualsiasi età. Evviva i nonni quando, lucidissimi, diventano essenziali nel sostegno agli equilibri familiari, ma non dimentichiamo che prendersi cura di un genitore anziano è un compito di profondo amore che genera un flusso di emozioni impagabili tra cui tenerezza, nostalgia, gratitudine e devozione.

Sul bene che rappresentano i ricordi Eugenio Borgna, psichiatra e saggista che si è immerso non solo professionalmente ma esistenzialmente nella sofferenza umana, in un suo saggio scrive: «Nel rimpianto si rimpiange qualcosa che non c’è più, e quello che si rimpiange si cerca disperatamente di cancellarlo dalla memoria, mentre quello di cui si ha nostalgia continua a vivere nella memoria, e a dare un senso alla vita», quindi qualcosa di definitivamente perduto può solo causare tristezza senza fine, e con ciò un depotenziamento della vita.

Si realizza invece una vita dotata di pieno senso soltanto se presente, passato e futuro sono presenti in noi. Le esperienze che abbiamo vissuto nel passato anche quelle che vorremmo cancellare devono rimanere nel cuore della vita di oggi, attraverso la nostalgia, cioè un presente animato dal passato, noi non saremo nemmeno in grado di vivere il futuro nella sua pienezza.

La nostalgia non si concentra sulla perdita in sé, ma sugli effetti che la cosa perduta ha avuto sulla nostra vita. La nostalgia è memoria di un bene sperimentato. E la memoria è una presa di coscienza: prendiamo coscienza di come il bene sperimentato ci ha modellati, ci ha formato nel profondo; di come ci ha resi sapienti: se sappiamo cos’è l’amore, il coraggio, la grandezza d’animo, la cura di sé e l’attenzione all’altra persona, l’amicizia, la lealtà, la paternità, eccetera, è perché ne abbiamo fatto esperienza in un passato che si è concluso.

La memoria è la forza propulsiva che ci spinge a fare nuove esperienze ed è il metro di misura che ci fa scoprire la corrispondenza fra ciò che di nuovo incontriamo e i nostri desideri più autentici.

Nella misura in cui noi non perdiamo il significato umano e psicologico, positivo o negativo che sia, delle cose che abbiamo vissuto, noi riusciamo a proiettare nel futuro le nostre aspirazioni più profonde. Rimpianti e nostalgie sono sentieri aperti, anche se dolorosi, che rendono il presente più completo e intenso e che ci consentono di avere orizzonti di futuro più ampi e più creativi.
Come fare per non rischiare di perdere questo bagaglio di emozioni e di esperienze, e riuscire a trattenerlo?

Quando con la nostra Associazione abbiamo intrapreso il viaggio nel mondo della terza (oggi anche quarta) età, abbiamo iniziato a incontrare e intervistare ospiti delle case di riposo. Con molta discrezione abbiamo cercato di abbattere il muro del pudore che ogni anziano si era costruito per accettare la propria condizione di “Ospite” fuori sede. Con molta cautela abbiamo cercato di entrare nelle loro vite e farci raccontare il loro passato e soprattutto i momenti più intensi che avevano vissuto. Ed ecco il miracolo: piano piano la nostra attenzione alimentava la loro voglia di raccontarsi, perché la generosità ed il senso di responsabilità, che ha determinato la loro vita soprattutto in momenti di grande difficoltà (pensiamo alla guerra e al dopoguerra per esempio) era ancora vivo in loro. La prima cosa che abbiamo imparato è che l’ascolto era un mezzo di comunicazione davvero potente e che la vita è bella perché si può raccontarla. Siamo entrati così in altri mondi, quelli che ormai vediamo in bianco e nero nei film del neorealismo, ma quanto era più affascinante scoprire che tutto era sempre più vero! Il riaffiorare dei ricordi era come un libro, capitolo dopo capitolo si costruiva il tempo attraverso avvenimenti. L’infanzia tra giochi e fame, la giovinezza tra viaggi della speranza e amori il più delle volte contrastati, il crescere nella fatica del lavoro e la gioia di una nuova famiglia, il tutto in un mondo che cambiava troppo velocemente.

 

 

Abbiamo quindi preso in considerazione la possibilità di incrementare il dialogo durante il loro soggiorno nelle case di riposo anche attraverso l’aiuto di immagini, filmati e canzoni che riportassero dalla memoria frammenti del loro passato. Confrontandoci con medici geriatri e psichiatri esperti abbiamo ideato così un programma informatico formato da varie sezioni riguardanti fasi della vita (infanzia, scuola, lavoro, sport, matrimonio, località geografiche, notizie, folklore….) e abbiamo dato vita a un archivio fotografico che mediante un motore di ricerca “pescasse” le immagini evocative più rappresentative  e sicuramente  efficaci per stimolare un dialogo comunitario vero ed unico strumento idoneo a riconsegnare la propria identità e quindi la propria ragione di essere dell’anziano.

Il nostro progetto nasce dallo stimolo della memoria vista come motore propulsivo per risvegliare l’interesse degli anziani in se stessi e intende integrare la loro storia con immagini di arti e mestieri del primo Novecento. Un prodotto multimediale che attraverso l’utilizzo del patrimonio storico di ogni singola Regione possa offrire agli operatori delle case di riposo uno strumento per migliorare la qualità della vita degli anziani ospiti in una prospettiva di recupero delle loro capacità residue. Attraverso i musei di tradizioni popolari e le cattedre di etnologia delle Università è stato possibile recuperare immagini e filmati di vita quotidiana del mondo del lavoro e degli attrezzi usati nei diversi mestieri, musiche, filastrocche e detti popolari di varie regioni nei rispettivi dialetti. Tali contributi audiovisivi sono stati caricati sul nostro server collegandosi al quale tramite un personal computer gestito da un operatore opportunamente preparato saranno agilmente consultabili. Per un più ampio utilizzo di questo strumento di lavoro abbiamo ritenuto utile arricchire il menù di base con riferimenti geografici e richiami a usi e costumi locali affinché sia di aiuto agli operatori per stimolare gli anziani a ricordare e raccontare le esperienze delle prime due fasi della loro vita l’infanzia e l’adolescenza la parte geografica offrirà la possibilità di richiamare alla mente dell’anziano i luoghi della prima giovinezza con le immagini di varie città, immaginate Roma, Torino, Napoli, Milano, negli anni trenta e oltre del secolo scorso, ricordare i nomi dei fiumi dei laghi, la campagna e le gite fuori porta, i monumenti e le feste in  costume. L’animatore che gestirà il programma avrai così a disposizione uno strumento vivo e una tecnica informatica capace di rendere gli utenti attori protagonisti e non semplice fruitore passivi. Si lavorerà quindi con l’anziano e non sull’ anziano rispettando i tempi e le modalità espressive di ogni singolo individuo.

 

 

Il programma multimediale potrà essere utilizzato mediante browser web con un semplice collegamento alla rete internet. Tutto il materiale informatico costituito da filmati immagini suoni e musiche sarà ulteriormente arricchito, implementato e aggiornato nel tempo. Nel sistema non ci sono particolari indicazioni rispetto alla capacità di memoria e spazio su disco in quanto l’intero sistema è residente sul server web. L’ambiente operativo, semplice e funzionale, si basa sulla possibilità di gestire la visione e lo smistamento delle immagini su due monitor differenti: il primo monitor, a uso dell’operatore, consentirà di vedere i contenuti multimediali e tutte le immagini della selezione effettuata in versione ridotta, mentre il secondo monitor, generalmente lo schermo di un semplice televisore opportunamente collegato,  visualizzerà solamente le immagini e i suoni scelti e sarà rivolto verso gli anziani che parteciperanno attivamente alle sedute di animazione.

 Attraverso la struttura iniziale del sistema, costituita dall’albero delle risorse suddiviso in diverse sezioni (geografia, arti e mestieri, infanzia, gioventù ed età adulta) con film, forme dialettali e altro gli animatori insieme agli anziani potranno navigare nel mare dei ricordi e delle emozioni. che gli hanno l’argomento col quale intraprendere il colloquio Supponiamo di interagire con un anziano laziale e supponiamo che nel corso del colloquio emerga il fatto che per un determinato periodo di tempo questi abbia abitato a Orte l’operatore selezionando la voce Lazio e successivamente la voce relativa al territorio avrà sul suo monitor disposti in griglia tutti gli oggetti multimediali esistenti nella banca dati relativa alla voce selezionata, in tal modo sarà estremamente semplice inviare sul secondo schermo le immagini delle vedute panoramiche di Orte con filmati e proverbi scritti e pronunciati in dialetto, le canzoni popolari le ricette tipiche della zona. Il Programma è un enorme infinito album dei ricordi da sfogliare con entusiasmo e competenza per restituire agli anziani il valore del loro passato e della loro storia, per aiutare l’integrazione e favorire la socializzazione nella casa di riposo, per migliorare l’espressività individuale e ridare dignità e senso alla vita “qui e ora”. I ricordi invece di essere soppiantati dalla scienza della tecnologia e dal trascorrere inesorabile del tempo che spazza via, talvolta senza ritegno la storia di un uomo, ritrovano una vitalità e nuove energie anche grazie ai sistemi informatici e la distanza che l’era digitale ha frapposto fra generazioni vecchie e nuove sembra ridursi quando la tecnologia diventa semplice è utile strumento di ricerca.

Si accede al programma dopo aver inviato richiesta scritta alla segreteria della nostra Associazione e dopo un colloquio con la direzione della Casa di Riposo. Successivamente mediante la concessione di una password (attribuibile a tempo determinato che viene assegnata con un costo minimo di connessione) ci si può collegare direttamente al programma. Attraverso l’uso di uno schermo le immagini visibili a tutti i partecipanti generano dialogo, racconti, discussioni che incrementano la conoscenza reciproca e il ricordo della propria identità. Abbiamo chiamato il progetto “Fare Memoria” e abbiamo previsto la creazione di un nuovo profilo professionale denominato “Animatore Geriatrico” ovvero persona adeguatamente formata con materie specialistiche adatta all’intrattenimento degli ospiti nelle case di riposo di breve o lunga degenza.

 

 

Recentemente dal mercato della robotica clinica ci viene proposto un badante robot per anziani, un umanoide ancora in fase di sperimentazione frutto di una collaborazione internazionale. Alto un metro e 40 centimetri, Romeo (nome evocativo) è stato pensato proprio per la famiglia, per dare assistenza agli anziani o a chi ha perso la propria autonomia. È capace di aprire le porte, salire le scale, afferrare gli oggetti su un tavolo, suggerisce anche una serie di attività per mantenersi in forma, per esempio una passeggiata dopo un periodo davanti alla tv, impara autonomamente e memorizza le preferenze del suo padrone, aiuta a mantenersi attivi e impegnati e li istruisce all’uso corretto delle nuove tecnologie, del software per le chat e le videochat, dei social network. Il suo utilizzo è intuitivo.

 

 

Si stima che già dal 2019 possa essere in vendita per gli ospedali e le case di riposo.  A Tokyo il robot è stato utilizzato in un centro dedicato proprio alla stimolazione fisica e mentale degli anziani.  Il software mentre allena gli anziani si aggiorna giorno dopo giorno e dopo un po’ di tempo questo robot umanoide conoscerà ognuno di loro e le loro caratteristiche. Questo crea un legame più stretto fra robot e essere umano.

 

 

Quella che può sembrare un buona notizia edulcorata dall’idea di indipendenza a noi suscita molta inquietudine e anche molta tristezza, riprendiamo quei pochi minuti in cui ci siamo fermati a pensare allo sguardo amorevole dei nostri nonni, a tutte le volte che li abbiamo trovati all’uscita da scuola ad attenderci e al profumo di crostata che sentivamo quando si andava a trovarli ai pranzi delle feste dove si riuniva tutta la famiglia. Agli abbracci che non ci hanno mai negato e a tutte le volte che hanno preso le nostre difese. Possiamo disperdere in modo tanto superficiale questo patrimonio della nostra vita questa parte di noi così vera? In nome di che cosa barattiamo i loro sacrifici ed il loro vigore? Ripensiamo alle loro emozioni e ai loro sentimenti, a tutti i giorni della loro lunga vita racchiusi in uno sguardo consegnato ai cristalli liquidi di un robot e non ai nostri. Abbracciamo la loro vita per non disperdere la nostra, ricordandoci sempre che i nostri vecchi non muoiono, diventano invisibili.